201702.02
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LEGITTIMO IL LICENZIAMENTO DISCIPLINARE DEL DIPENDENTE ANCHE IN CASO DI CONDOTTA ILLECITA EXTRALAVORATIVA

(a cura dell’Avv. Lorenzo Gustinelli)

Nel corso dell’anno 2016 allo Studio Legale Pacciarini è stato affidato l’incarico di rappresentare in giudizio una società del ramo “automotive” con sede operativa in Cassino, nei confronti di un lavoratore che era stato licenziato poiché arrestato unitamente ad altre tre persone con conseguente contestuale sequestro di alcune dosi di cocaina, eroina e di hashish. L’arresto suscitava un forte clamore mediatico, tanto da finire nelle prime pagine dei giornali locali ed anche nazionali ed il dipendente veniva riconosciuto dai colleghi, attraverso le immagini ed i video pubblicati on line da alcune testate giornalistiche locali perchè, al momento dell’arresto, indossava indumenti “da lavoro” della società per cui prestava servizio.

L’azienda gli contestava, altresì, l’assenza ingiustificata dalla data dell’arresto sino alla data della missiva di licenziamento, poiché il lavoratore non aveva informato la società dello stato di detenzione, successivo all’arresto, che gli impediva di poter presentarsi al lavoro.

L’azienda veniva a conoscenza di tale circostanza solo attraverso le notizie che recepiva dai quotidiani.

Il Giudice del Lavoro rigettava il ricorso del dipendente, così affermando:”In merito alla censura del carattere extralavorativo del contestato arresto in flagranza di reato, si ritiene di dover condividere quella giurisprudenza di legittimità (cfr., ex aliis, Cass. n. 1519/93; Cass. n. 1355/87) che legittima un approccio meno dogmatico al tema, statuendo che nella valutazione della gravità del fatto deve essere privilegiata una valutazione complessiva dei singoli casi, tenendo conto della natura e della qualità delle parti e della loro posizione, dell’immagine esterna dell’azienda, nonché del grado di affidamento richiesto dalle specifiche mansioni. In altre parole, la condotta illecita extralavorativa è suscettibile di rilievo disciplinare poiché il lavoratore è tenuto non solo a fornire la prestazione richiesta, ma anche, quale obbligo accessorio, a non porre in essere, fuori dall’ambito lavorativo, comportamenti tali da ledere gli interessi morali e materiali del datore di lavoro o comprometterne il rapporto fiduciario (cfr. Cass. n. 776/15). Nondimeno, è pur sempre necessario che si tratti dicomportamenti che, per la loro gravità, siano suscettibili di scuotere irrimediabilmente la fiducia del datore di lavoro perché idonei, per le concrete modalità con cui si manifestano, ad arrecare un pregiudizio, anche non necessariamente di ordine economico, agli scopi aziendali (cfr. Cass. n. 15654/12).

Non v’è dubbio che le circostanze di tempo e di luogo dell’avvenuto arresto (con altri, all’esito di un’operazione su vasta scala che durava da tempo) la natura e l’entità delle sostanze sequestrate, la circostanza che il lavoratore fosse in abiti da lavoro, unitamente al clamore mediatico della notizia (tanto è vero che il ricorrente è stato “riconosciuto” in televisioneda suoi colleghi), sono elementi per sé idonei a compromettere il rapporto fiduciario de quo, gli stessi,valutati congiuntamente alle altre condotte –non meno gravi –consentono correttamente di ritenere il dipendente inidoneo alla prosecuzione del rapporto lavorativo.”

L’ordinanza del Tribunale di Cassino che ha interessato lo Studio Legale Pacciarini, si pone in continuità con la recentissima sentenza della Cassazione  civile, sez. lav., 09/03/2016,  n. 4633, riguardante sempre il settore automotive, la quale prende in esame l’identico caso di un dipendente, al quale veniva elevata contestazione disciplinare terminata con il licenziamento, con la quale gli veniva addebitato il coinvolgimento nella commissione del reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti (34 g. di cocaina) e di avere sottaciuto la sua sottoposizione agli arresti domiciliari nel periodo nel quale egli risultava assente per malattia.

La Suprema Corte ha, quindi, affermato l’ormai consolidato principio secondo cui la detenzione, in ambito extralavorativo, di un significativo quantitativo di sostanze stupefacenti, (nella specie, si trattava di duecento grammi di hashish) a fine di spaccio è idonea ad integrare la giusta causa di licenziamento, poichè il lavoratore è tenuto non solo a fornire la prestazione richiesta, ma anche a non porre in essere, fuori dall’ambito lavorativo, comportamenti tali da ledere gli interessi morali e materiali del datore di lavoro o da comprometterne il rapporto fiduciario

Legittimo il licenziamento disciplinare del dipendente anche in caso di condotta illecita extralavorativa

( il lavoratore è tenuto non solo a fornire la prestazione richiesta, ma anche, quale obbligo accessorio, a non porre in essere, fuori dall’ambito lavorativo, comportamenti tali da ledere gli interessi morali e materiali del datore di lavoro o comprometterne il rapporto fiduciario)

Nel corso dell’anno 2016 allo Studio Legale Pacciarini è stato affidato l’incarico di rappresentare in giudizio una società del ramo “automotive” con sede operativa in Cassino, nei confronti di un lavoratore che era stato licenziato poiché arrestato unitamente ad altre tre persone con conseguente contestuale sequestro di alcune dosi di cocaina, eroina e di hashish. L’arresto suscitava un forte clamore mediatico, tanto da finire nelle prime pagine dei giornali locali ed anche nazionali ed il dipendente veniva riconosciuto dai colleghi, attraverso le immagini ed i video pubblicati on line da alcune testate giornalistiche locali perchè, al momento dell’arresto, indossava indumenti “da lavoro” della società per cui prestava servizio.

L’azienda gli contestava, altresì, l’assenza ingiustificata dalla data dell’arresto sino alla data della missiva di licenziamento, poiché il lavoratore non aveva informato la società dello stato di detenzione, successivo all’arresto, che gli impediva di poter presentarsi al lavoro.

L’azienda veniva a conoscenza di tale circostanza solo attraverso le notizie che recepiva dai quotidiani.

Il Giudice del Lavoro rigettava il ricorso del dipendente, così affermando:”In merito alla censura del carattere extralavorativo del contestato arresto in flagranza di reato, si ritiene di dover condividere quella giurisprudenza di legittimità (cfr., ex aliis, Cass. n. 1519/93; Cass. n. 1355/87) che legittima un approccio meno dogmatico al tema, statuendo che nella valutazione della gravità del fatto deve essere privilegiata una valutazione complessiva dei singoli casi, tenendo conto della natura e della qualità delle parti e della loro posizione, dell’immagine esterna dell’azienda, nonché del grado di affidamento richiesto dalle specifiche mansioni. In altre parole, la condotta illecita extralavorativa è suscettibile di rilievo disciplinare poiché il lavoratore è tenuto non solo a fornire la prestazione richiesta, ma anche, quale obbligo accessorio, a non porre in essere, fuori dall’ambito lavorativo, comportamenti tali da ledere gli interessi morali e materiali del datore di lavoro o comprometterne il rapporto fiduciario (cfr. Cass. n. 776/15). Nondimeno, è pur sempre necessario che si tratti dicomportamenti che, per la loro gravità, siano suscettibili di scuotere irrimediabilmente la fiducia del datore di lavoro perché idonei, per le concrete modalità con cui si manifestano, ad arrecare un pregiudizio, anche non necessariamente di ordine economico, agli scopi aziendali (cfr. Cass. n. 15654/12).

Non v’è dubbio che le circostanze di tempo e di luogo dell’avvenuto arresto (con altri, all’esito di un’operazione su vasta scala che durava da tempo) la natura e l’entità delle sostanze sequestrate, la circostanza che il lavoratore fosse in abiti da lavoro, unitamente al clamore mediatico della notizia (tanto è vero che il ricorrente è stato “riconosciuto” in televisioneda suoi colleghi), sono elementi per sé idonei a compromettere il rapporto fiduciario de quo, gli stessi,valutati congiuntamente alle altre condotte –non meno gravi –consentono correttamente di ritenere il dipendente inidoneo alla prosecuzione del rapporto lavorativo.”

L’ordinanza del Tribunale di Cassino che ha interessato lo Studio Legale Pacciarini, si pone in continuità con la recentissima sentenza della Cassazione  civile, sez. lav., 09/03/2016,  n. 4633, riguardante sempre il settore automotive, la quale prende in esame l’identico caso di un dipendente, al quale veniva elevata contestazione disciplinare terminata con il licenziamento, con la quale gli veniva addebitato il coinvolgimento nella commissione del reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti (34 g. di cocaina) e di avere sottaciuto la sua sottoposizione agli arresti domiciliari nel periodo nel quale egli risultava assente per malattia.

La Suprema Corte ha, quindi, affermato l’ormai consolidato principio secondo cui la detenzione, in ambito extralavorativo, di un significativo quantitativo di sostanze stupefacenti, (nella specie, si trattava di duecento grammi di hashish) a fine di spaccio è idonea ad integrare la giusta causa di licenziamento, poichè il lavoratore è tenuto non solo a fornire la prestazione richiesta, ma anche a non porre in essere, fuori dall’ambito lavorativo, comportamenti tali da ledere gli interessi morali e materiali del datore di lavoro o da comprometterne il rapporto fiduciario.

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